n[ever]land è l'occasione per indagare se, come e quanto le nuove tecnologie siano in grado di incontrare le moderne arti visive così come le più antiche arti di palcoscenico, l'editoria tradizionale o la mobilissima comunicazione on line, nella ricerca di un'armonia possibile tra necessità produttive e spinte creative: n[ever]land, quindi, come l'isola-che-non-c'è dove poter riscrivere le regole del gioco.
sabato 6 luglio 2013
Traduzione per Alaska di Raffaella Brignardello, con adattamento di Alessandra Neve.
dal blog Alaska
sentieri digitali
traduzione della video-intervista con Edward Snowden
Qui il video, ed ecco la traduzione per Alaska di Raffaella Brignardello, con adattamento di Alessandra Neve.
Edward Snowden: Mi chiamo Ed Snowden e ho 29 anni. Ho lavorato per Booz Allen Hamilton come analista di infrastrutture presso l’NSA alle Hawaii.
Glenn Greenwald: Quali altre posizioni hai ricoperto nel settore dell’intelligence?
Snowden: Tecnico di sistemi, amministratore di sistemi, consulente senior per la CIA, consulente di soluzioni e responsabile di sistemi di telecomunicazione e informazione.
Greenwald: Tutti vogliono capire chi sei e qual è la motivazione che ti ha spinto a fare il grande passo: dal considerare la possibilità di divulgare le informazioni in tuo possesso, a decidere a un certo punto di farlo davvero. Puoi aiutarci a capire come sei giunto a questa decisione?
Snowden: Un amministratore di sistema che lavora per un’agenzia di intelligence è esposto a una gran mole di informazioni, su una scala ben più vasta rispetto a un impiegato qualunque, e può succedere che veda cose che lo mettono a disagio; ma se nel corso della carriera di una persona normale questo potrà capitare sì e no un paio di volte, quando invece sei in una posizione dalla quale puoi vedere tutto, sei esposto a certe cose con una frequenza molto maggiore, e ti rendi conto che in alcuni casi si tratta di veri e propri abusi. E se ne parli, in ambienti come questi in cui certe cose sono la norma, la gente non ti prende molto sul serio, e tira dritto per la sua strada. Col passare del tempo però diventi sempre più consapevole che qualcosa non va e non puoi più fare a meno di parlarne. E più ne parli, più ti ignorano. E più ti ripetono che non c’è niente di male, più ti rendi conto che spetterebbe all’opinione pubblica stabilirlo e non a un tizio che è stato assunto dal governo.
Greenwald: Parlaci di come funziona oggi il sistema di sorveglianza negli Stati Uniti. Si occupa delle attività dei cittadini americani?
Snowden: L’NSA e le agenzie di intelligence in generale raccolgono informazioni ovunque e con qualsiasi mezzo. Sono convinte di averne pieno diritto, nell’interesse della nazione. Inizialmente erano molto concentrate sulle informazioni raccolte all’estero. Ora però l’attenzione si sta spostando sempre di più verso l’interno e soprattutto l’NSA è interessata a raccogliere le comunicazioni di chiunque. Le assimila in modo quasi automatico. Le raccoglie all’interno del suo sistema, le filtra, le analizza, le misura e le archivia per un certo periodo di tempo, semplicemente perché è il modo più facile, efficiente e valido per raggiungere i suoi obiettivi. Quindi, mentre nelle intenzioni sembrano puntare a raccogliere informazioni su persone legate a un governo straniero o a sospetti terroristi, di fatto per fare ciò raccolgono anche le tue comunicazioni.
Qualsiasi analista, in qualsiasi momento, può prendere di mira chiunque, ovunque. Quali comunicazioni verranno raccolte e dove dipende dal range della rete di sensori e dalle autorizzazioni di cui l’analista dispone. Non tutti gli analisti sono in grado di accedere a tutte le informazioni. Io però dalla mia scrivania avevo la possibilità di intercettare chiunque, dal tuo commercialista a un giudice federale e persino il Presidente, se solo avessi avuto la sua e-mail personale.
Greenwald: Uno degli aspetti più insoliti di questa vicenda è che in genere le talpe non si espongono e fanno in modo di restare nell’anonimato il più a lungo possibile, se non addirittura per sempre. Tu, al contrario, hai deciso di esporti pubblicamente, di mostrare la tua faccia, oltre a fare queste rivelazioni. Perché hai fatto questa scelta?
Snowden: Penso che i cittadini abbiano il diritto di sapere che cosa spinge una persona che fa questo genere di rivelazioni a compiere un gesto che lo pone al di fuori dell’ordine democratico. Mettere in discussione il potere di un governo è un rischio per la democrazia, ma se lo fai in segreto, agisci esattamente come quel governo, che cerca di trarre vantaggio dalle azioni che ha compiuto in segreto. Se ha fatto qualcosa di buono, autorizzerà i suoi funzionari a informare la stampa, in modo da avere l’opinione pubblica dalla sua parte. Ma è assai raro che lo faccia se sta commettendo degli abusi. Questa responsabilità ricade sulle spalle di singoli cittadini, che però vengono calunniati. Li si accusa di essere nemici della nazione, di essere contro il governo, ma non è il mio caso. Io non sono diverso dagli altri. Non ho competenze particolari. Sono solo uno dei tanti che vanno in ufficio tutti i giorni, vedono quello che succede e pensano: ‘Questo non spetta a noi deciderlo, sono i cittadini che devono decidere se questi programmi e queste linee di condotta sono giusti o sbagliati’. Voglio parlare chiaramente e difendere l’autenticità delle cose che ho rivelato e dire: ‘Non ho inventato nulla. Questa è la verità; sta succedendo proprio questo. Spetta a voi decidere se è davvero necessario che accada’.
Greenwald: Hai pensato alla reazione del governo alla tua iniziativa? A cosa potrebbero dire di te, a come potrebbero cercare di dipingerti o cosa potrebbero farti?
Snowden: Sì, potrei finire nelle mani della CIA. Potrebbero darmi la caccia. Le agenzie, o uno qualunque dei loro contractor; lavorano a stretto contatto con diversi paesi. Oppure potrebbero ingaggiare le Triadi, o uno qualsiasi dei loro agenti o delle loro strutture. C’è un ufficio della CIA proprio qui su questa strada, nel consolato di Hong Kong, e sono sicuro che avranno parecchio da fare la prossima settimana. E penso che vivrò con la paura per il resto della mia vita, lunga o breve che sia.
Non puoi opporti alle agenzie di intelligence più potenti del mondo senza correre rischi, perché sono avversari estremamente potenti. Non si può sfuggire per sempre. Se vogliono, prima o poi ti prendono. Allo stesso tempo però devi decidere che cosa è importante per te. Vivere nell’agio ma senza libertà può stare bene a molti, è una cosa del tutto accettabile, è nella natura umana; puoi alzarti tutte le mattine, andare in ufficio, portare a casa uno stipendio da favola facendo un lavoro che mina solo marginalmente l’interesse pubblico e andare a dormire tranquillo tutte le sere. Ma se ti rendi conto che il mondo che hai contribuito a creare continuerà a peggiorare, generazione dopo generazione, perché questa struttura oppressiva si estenderà sempre di più, capisci che puoi correre qualsiasi rischio e che non importa quello che succederà, purché l’opinione pubblica sia in grado di decidere che cosa si può o non si può fare.
Greenwald: Perché ci dovremmo preoccupare di essere sorvegliati?
Snowden: Perché anche se non stai facendo niente di male, sei osservato e registrato. E la capacità di archiviare dati in questi sistemi aumenta in misura esponenziale anno dopo anno, e alla fine non sarà più rilevante che tu abbia fatto qualcosa di male oppure no. Basterà che qualcuno abbia dei sospetti su di te, anche per un errore banale. Allora potranno utilizzare il sistema e mettere sotto la lente d’ingrandimento tutte le decisioni che hai preso in passato, gli amici con cui hai discusso di qualsiasi cosa. Troveranno il modo di attaccarti e creeranno un individuo sospetto da una vita del tutto innocente, dipingendole attorno un contesto criminale.
Greenwald: In questo momento ci troviamo a Hong Kong, una meta che hai scelto di tua iniziativa. Spiegaci per quale motivo sei venuto proprio qui, perché ci sono persone che pensano che in realtà tu abbia intenzione di consegnarti a un paese che oggi è considerato da molti il nemico numero uno degli Stati Uniti, ossia la Cina. Credono in buona sostanza che tu stia cercando di aiutare un nemico degli Stati Uniti, a cui vuoi chiedere asilo politico. Puoi parlarci di questo?
Snowden: Certo. In queste tesi ci sono un paio di presupposti errati, che spiegano il motivo della mia scelta. Il primo è che la Cina sia un nemico degli Stati Uniti. Non è così. Ci sono tensioni tra il governo degli Stati Uniti e il governo cinese, ma non riguardano i due popoli. Il commercio tra i due paesi è libero, non siamo in guerra, non c’è alcun tipo di conflitto armato e non se ne profila uno all’orizzonte. Siamo i maggiori partner commerciali gli uni per gli altri.
Inoltre Hong Kong ha una forte tradizione di libertà di parola. La gente pensa alla Cina come a un firewall di proporzioni gigantesche. Nella Cina continentale la libertà di parola è fortemente limitata, ma gli abitanti di Hong Kong hanno una lunga tradizione di manifestazioni di piazza e possono esprimere apertamente le loro opinioni. Internet qui non è soggetto a censure maggiori di quelle dei paesi occidentali, e credo che il governo di Hong Kong intrattenga relazioni indipendenti con molti importanti governi occidentali.
Greenwald: Se tu avessi deciso di danneggiare gli Stati Uniti e aiutare un governo nemico o le tue motivazioni fossero state esclusivamente monetarie, avresti potuto fare qualcosa di diverso con questi documenti?
Snowden: Certo. Chiunque nella mia posizione avrebbe potuto accedere a informazioni riservate da vendere sul mercato libero alla Russia; hanno sempre una porta aperta, come d’altronde l’abbiamo noi. Io avevo accesso ai nomi di tutti i collaboratori dell’NSA, all’intera rete di intelligence e alle strutture sotto copertura di tutto il mondo. Tutte le stazioni, le missioni, tutto quanto. Avrei potuto danneggiare gli Stati Uniti? Basterebbe un pomeriggio per disattivare il sistema di sorveglianza. Ma non era questa la mia intenzione. A chi pensa questo di me vorrei chiedere: ‘Se foste nella mia posizione privilegiata, se viveste in un paradiso come le Hawaii, e faceste un sacco di soldi, cosa potrebbe spingervi a lasciarvi tutto alle spalle?’
La mia più grande paura riguardo alle conseguenze per l’America di queste rivelazioni è che non cambi nulla. Ho paura che la gente venga a conoscenza di tutte queste cose dai media, comprenda fino a che punto il governo è in grado di spingersi unilateralmente per esercitare un maggiore controllo sulla società americana e globale, ma che alla fine non sia disposta a correre i rischi necessari per contrastare questo stato di cose e costringere i propri rappresentanti ad agire sul serio nel suo interesse. E nei prossimi mesi, nei prossimi anni, non potrà che peggiorare, se non verrà il giorno in cui cambieranno le politiche. Perché l’unico limite alle attività di sorveglianza dello stato sono le politiche. Anche quando si fanno accordi con altri stati sovrani, siamo portati a pensare che siano frutto di politiche anziché di leggi. Ed è così che, quando verrà eletto un nuovo leader, ci diranno: ‘Per via della crisi, per via dei rischi che corriamo nel mondo, di una nuova minaccia imprevista, abbiamo bisogno di esercitare una maggiore autorità, abbiamo bisogno di più potere’. E a un certo punto, nessuno potrà fare più niente per opporsi, perché il potere sarà diventato una tirannia.
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