giovedì 15 gennaio 2009

Il software che «legge» i pensieri

E' stato messo a punto da scienziati giapponesi. Funziona basandosi sulla risonanza magnetica funzionale

TOKYO - Le immagini che vengono osservate, le parole che vengono lette, possono essere ricreate grazie a un software che si fonda su ciò che «vede» nel cervello la risonanza magnetica funzionale, uno degli strumenti che vengono utilizzati per la diagnosi di problemi neurologici e, più in generale, per studiare il funzionamento del cervello.
Per gli autori del software si tratta della prima tecnologia in grado di «leggere» davvero la mente.

PRIMO TENTATIVO - Già all'inizio di quest'anno, come viene riportato dal New Scientist, Jack Gallant e suoi colleghi
della University of California di Berkeley, avevano dimostrato che potevano capire con precisione quale immagine all'interno di un gruppo veniva osservata da una persona, basandosi soltanto su una «scansione» del suo cervello. Ciò era reso possibile da un software che confrontava l'attività cerebrale durante l'osservazione in questione con quella registrata durante l'osservazione di immagini «test».

LETTURA «AL BUIO»- Ora però un team di ricercatori giapponesi guidati da Yukiyasu Kamitani, dell'ATR Computational Neuroscience Laboratories di Kyoto, è andato un passo più in là. Il suo gruppo, basandosi sull'attività cerebrale registrata dalla risonanza magnetica funzionale è riuscito a «ricreare» una vera e propria fotografia in bianco e nero di ciò che il cervello stava osservando senza bisogno di immagini test sulle quali effettuare la comparazione. «Analizzando i segnali nervosi nel momento in cui l'immagine veniva vista siamo riusciti a ricostruirla» ha detto Kamitani. Ciò significa, secondo il ricercatore, che la capacità di leggere nella mente , almeno in teoria, è potenzialmente utilizzabile per «leggere» qualsiasi cosa che qualcuno stia pensando senza una conoscenza precedente di ciò di cui si potrebbe trattare. «E' stupefacente» ha commentato sul sito del New Scientist John-Dylan Haynes del the Max Planck Institute for Human Cognitive and Brain Sciences di Lipsia. «Si tratta davvero di un passo avanti importantissimo». La ricerca degli scienziati giapponesi è stata pubblicata sull'accreditata rivista scientifica «Neuron».

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